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CAST
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Andrea Di Stefano, Donatella Finocchiaro, Matteo Gulino,
Toni Gambino, Erasmo Lobello, Pupella Maggio
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PREMI
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RECENSIONI
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Angela somiglia ad Angela Molina, gestisce un negozio di
scarpe e traffica cocaina. E' la moglie di un boss di
Palermo. Per lui riempie calzature di bustine di droga, con
indifferente efficienza. Le consegna a domicilio agli
spacciatori, prevalentemente in due taglie (da 50 grammi o
250). Quando sente di essere pedinata da agenti in borghese,
nasconde la droga in qualche anfratto e dopo la
perquisizione la recupera. E' scrupolosa, silenziosa,
devota. Sul suo volto, molto bello, luccica a intermittenza
un'espressione di alterità e controllo, premura e sfida. E'
la protagonista dell'ultimo film di Roberta Torre al quale
dà il nome (Angela), presentato a Cannes alla Quinzaine des
realizateurs.
Agli antipodi dalla chiassosa vernice pop con la quale aveva
messo in scena la mafia nel suo esordio, Tano da morire con
il quale si era messa in luce ed aveva raggiunto il
pubblico, questa volta la regista sceglie un punto di vista
domestico, privato, quieto. L'associazione a delinquere di
stampo mafioso, è una routine fatta di contabilità e
artigianato, vigilanza e fatica quotidiana. Somiglia
tantissimo alla microimprenditorialità famigliare che pare
costituisca uno dei tessuti connettivi più solidi della
nostra economia. I mafiosi si occupano con dedizione del
proprio interesse e dei propri cari con la stessa naturale
vocazione di professionisti borghesi. Il business che
manipolano può diventare molto pericoloso, naturalmente, ma
basta fare molta attenzione e accorgersi prima che accada
quando qualcuno tenta di fare il furbo. Angela porge le
scarpe ai clienti, porta in giro per Palermo scatole piene
di dosi e a casa si concede il lusso di bei gioielli e
sanitari di prima qualità. Quando il marito fa fuori uno
spacciatore che non vuole pagare, è lei a pulire il sangue.
Ma quando si innamora senza scampo di Masino, il braccio
destro del coniuge, non c'è una sola espressione del suo
volto che non ci metta a conoscenza di quanto sia
consapevole della verità. Non può impedire di vivere quella
passione come non può evitarne le spaventose conseguenze. La
Torre è bravissima a descrivere il suo desiderio represso,
il suo sentimento impossibile, attraverso segnali obliqui.
La gelosia attonita, lo sguardo vietato, la complicità
irrefrenabile di una risata improvvisa. Passando dal video
al lungometraggio, la regista - grazie alla macchina da
presa di Daniele Ciprì che firma la fotografia piena di
ombre e riflessi dorati - non ha perso la mano di chi fruga
dappertutto nell'inquadratura come se temesse di perdere
qualcosa di importante.
Finiti tutti in carcere, il calvario di Angela diventerà
quello di chi si sente fedele a tutto e a troppo per non
finire in frantumi. Al marito, all'amante, alla lealtà
mafiosa. E' un personaggio che irradia qualcosa sin dalla
prima inquadratura e se il finale la lascia troppo
seccamente di fronte ad un destino di solitudine
(abbandonata dal marito, dall'amante e dalla mafia), il suo
corpo fatto di sensualità, rassegnazione, orgoglio e
adorazione degli uomini che ama, ne fa un carattere
memorabile. Interpretato da un'attrice non professionista
(Donatella Finocchiaro) che sembra già sapere bene cosa
offrire alla macchina da presa per essere ricambiata da
un'attrazione assorta e partecipe, tratto da un storia vera
(la vera Angela vive ancora nei pressi del porto dove
scambiò il primo bacio dell'adulterio e dove inutilmente
aspettò l'amante), è un film intelligente e toccante che
mancava. La Torre al suo terzo lungometraggio, dimostra di
avere tra le mani un cinema più ricco di risorse ed emozioni
di quanto si sospettava.
di Mario Sesti - Kwcinema
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