E’ una satira sulla grande
truffa e l’enorme potere dei media Assolutamente famosi!,
film fiammingo di Dominique Deruddere, alla lontana, il
soggetto evoca quello di Re per una notte di Martin
Scorsese.
Jean, operaio quarantenne, crede fermamente nel talento di
sua figlia Marva, adolescente grassoccia e stonata nonché
grande frequentatrice di concorsi per replicanti di
celebrità canore (roba ben nota anche alla nostra tv), da
Madonna a Michael Jackson, a Bocelli. Colpito da
licenziamento, l’uomo concepisce un piano per regalare alla
rampolla la celebrità. Rapisce la graziosa popstar Debbie e
ricatta l’agente di questa perché arrangi una canzone (che
lui stesso ha composto a orecchio) facendola poi cantare da
Marva alla tv. Poiché il sequestro, di cui il teleschermo
tiene informati gli spettatori notte e giorno, ha provocato
l’impennarsi delle vendite dei dischi di Debbie,
l’impresario ci sta: a condizione che la cantante non venga
liberata. Col brano “Lucky Manuelo” la ragazzona, mascherata
e soprannominata Lonesome Zorra, ottiene un enorme successo.
Per consenso popolare, Jean è assolto dal reato di
rapimento.
Deruddere non ci va leggero, ma non si discosta poi tanto
dalla realtà. Al noto vaticinio di Andy Warhol sul quarto
d’ora di notorietà per tutti è subentrato, ormai, il culto
della celebrità come condizione necessaria e sufficiente
perché la vita sia degna di essere vissuta. E l’universo
mediologico, che ha cancellato ogni idea collettiva in nome
dell’individualità-individualismo, celebra il rito e
attribuisce l’ambito premio a chi, giustificando col fine
qualsiasi mezzo, sa procurarsela. Se questa è la morale –
condivisibile – della favola di Deruddere, lascia più
perplessi la misoginia che affiora dai personaggi femminili,
più di quelli maschili tratteggiati come complici della
corsa al successo. Figlia e moglie maltrattano il povero
Jean, mentre il suo mite e giovane complice Willy convive
con una ragazza che lo sfrutta e lo tradisce. Sarà comunque
l’amore di un’altra donna, la rockstar pentita, a garantire
anche a lui il sarcastico happy end.
Roberto Nepoti - Kataweb