Il buon vecchio e il bravo
fanciullo. Con la mamma che si è data alla latitanza e il
padre ipocondriaco, il tredicenne Momo è un ragazzo
parecchio infelice: deve occuparsi del ménage famigliare,
ama segretamente la figlia della portinaia e non possiede
uno straccio d'amico. O meglio uno ce l'ha ed è l'anziano
droghiere "arabo" Ibrahim, che vende prodotti alimentari
dispensando perle di saggezza - più o meno - coranica. Dal
piccolo, delizioso racconto di Eric-Emmanuel Schmitt (un po'
esile per essere portato sullo schermo), un film per chi ama
gli aforismi ("Ciò che dai è tuo per sempre, ciò che tieni è
perduto per sempre", "Il segreto della felicità è la
lentezza"...), le atmosfere quiete e un po' fuori dal mondo
(una pittoresca Rue Bleue, popolata di prostitute dal grande
cuore), le parabole gentili e le interpretazioni sottotono.
Grazie all'amicizia con il vecchio musulmano, il
giovanissimo ebreo varca la soglia dell'età adulta; via un
viaggio in spider nel paese natale di Ibrahim di valore
nostalgico per il vecchio, iniziatico per il ragazzo. Appena
presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia, il film di
Fançois Dupeyron è aggraziato quanto basta, un po' troppo
prevedibile per tenere desta l'attenzione lungo novanta
minuti, diretto con mano sicura. La prima parte consiste in
una somma di scene tra Momo e gli altri personaggi, girate
con cinepresa mobile e commentate da brani anni '60. La
seconda, quella riservata al viaggio, è (curiosamente) più
pacata e accompagnata da musica per flauto.
Roberto Nepoti - La Repubblica 6/9/03