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Neri Marcorè,Vanessa Incontrada,Sandra Milo,Giulio Bosetti,Nino D'Angelo


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     RECENSIONI


Con Il Cuore altrove Pupi Avati ripropone il suo cinema autarchico e così profondamente personale. Un cinema fatto di sentimenti lievi e discreti, distinto da affetti domestici ed amicali; un cinema a bassa voce, sussurrato in una fotografia attenta a cogliere le opulente luminosità dei palazzi e dei tetti di una Bologna delicata e suadente. Una Bologna degli anni '20 dove si racconta la storia di Nello (Neri Marcorè) figlio di una ricca famiglia romana che gestisce una sartoria, principale fornitrice di Papi, vescovi e cardinali. Nello è un professore di latino e greco trasferito in un liceo di Bologna grazie alle conoscenze del padre (Giancarlo Giannini) il quale spera che nella città emiliana - là dove lui per la prima volta aveva conosciuto l'amore - il figlio riesca finalmente ad incontrare una donna con la quale procreare il tanto atteso nipote a cui trasmettere i beni di famiglia. A Bologna, Nello incontrerà, dopo varie vicissitudini, una ragazza, Angela (Vanessa Incontrada), non vedente a causa di un incidente. Nello si innamora perdutamente di Angela, Angela si infatua delle premurose attenzioni di Nello. Quando lei, grazie ad una cura, potrà riacquistare la vista, il solco tra i due sentimenti mostrerà l'inevitabile ed ineluttabile differenza di profondità che condurrà lui a tornare a Roma e a dedicarsi ai lavori della sartoria papale e lei ad un prestigioso futuro mondano. Opera frutto di una sceneggiatura elegante e spensierata (ne è autore lo stesso regista), il film ha i suoi punti di forza nei dialoghi, colti e raffinati. Si prova un intimo piacere a sentire citare Ovidio o Catullo; toccante è il monologo di Giannini - divertita e divertente la sua prova - quando racconta le emozioni che si provano quando, dopo i conclavi, è lui a vestire il Papa, è lui a "farlo diventà Papa". Con una direzione priva di sussulti o di impennate, non aspettatevi virtuosismi stilistici dal regista bolognese perché rimarreste delusi, Avati mette in scena una galleria di personaggi che costituiscono l'altro cardine maestro su cui si regge il film. Anche se taluni caratterizzati da un eccesso di macchiettismo - ci riferiamo alla descrizione della famiglia romana di Nello ed in particolare alla scontata caricatura di Renato (Alfiero Toppetti) lo zio gay di Nello - i ruoli ritagliati da Avati appaiono spesso convincenti, anche nei personaggi minori. Fra questi spicca la serena giovialità di Domenico, un barbiere napoletano compagno di stanza di Nello interpretato da un Nino D'angelo scoppiettante senza però cedere ad intemperanze pirotecniche. Con lo sfondo di questa nutrita teoria di personaggi - ricordiamo anche la Milo, affettuosa padrona della Pensione che ospita il giovane professore e il padre di Angela interpretato da Giulio Bosetti - risulta ancora più difficile la prova di Neri Marcorè. L'attore - noto al grande pubblico televisivo per essere una delle punte di diamante della banda Dandini - è alle prese con un personaggio complesso: timido, colto, ingenuo e romantico, serio ed onesto fino all'irritazione. Un personaggio che necessita di un ventaglio di emozioni che sembrano non ancora far parte del bagaglio del pur volenteroso Marcorè. Il meglio l'attore lo dà proprio nei momenti più concitati, quando si scuote da una certa narcolessia emotiva che ne contraddistingue eccessivamente la recitazione. Vanessa Incontrada invece - pur se al suo esordio nel cinema - sembra essere dotata di una benigna istintività che le ispira una apprezzabile naturalezza. Il film è comunque piacevole ed interessante, e non deluderà gli amanti del cinema del regista bolognese: un vero Avati D.O.C.
Daniele Belmonte - Kw cinema


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