|
|
CAST
|
Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Aitana
Sánchez-Gijón, John Sharian, Michael Ironside
|
|
PREMI
|
|
|
|
RECENSIONI
|
|
Che film intenso e snervante, perturbante e ricco di
talento, livido e ipnotico è L'uomo senza sonno, inedito
esempio di thriller paranoico che prima ti fa credere di
essere una cosa, poi si rivela qualcosa d'altro. In una
squallida città dell'America profonda, l'operaio Trevor
Retznik non riesce a dormire da un anno. Ormai spettro di se
stesso, incontra uno strano individuo, che somiglia come una
goccia d'acqua a Marlon Brando quando faceva il colonnello
Kurtz in "Apocalypse Now" e forse esiste davvero, forse è
una proiezione del suo inconscio. Distratto dalle
apparizioni di costui, Trevor causa un incidente in
fabbrica; per poco, un collega non ci lascia la pelle. Ormai
neppure l'amore della dolce prostituta Stevie, piena di
lividi quasi quanto lui, riesce ad alleviarne la sofferenza.
Mentre strani messaggi lo ossessionano da postit appiccicati
al frigo, l'insonne comincia a sbroccare. Quel che lo rode è
un rimorso atroce, ovviamente da non rivelare qui. Si può
dire invece (è un valore aggiunto) che l'incubo messo in
scena da Brad Anderson non appartiene al genere orrorifico:
nasce da situazioni quotidiane e - atrocemente - "normali",
tanto da dare al film una coloritura morale, quasi
didascalica. Chi perseguita chi? Beh, è un po' come nella
fiaba cinese del monaco minacciato in sogno da un ragno
gigantesco: quando cercò di trafiggerlo, si svegliò e vide
che stava per infilzare se stesso.
Il regista non ci va piano con i riferimenti, citando come
padrini del proprio film Dostoevskij e Kafka, Polanski e
Lynch, l'espressionismo tedesco. Lasciamolo dire a lui.
Quel che ci attrae davvero, nell'Uomo senza sonno, è altro:
è una sorta di cristologia della colpa con al centro un
corpo sofferente e martoriato, autentico. Quello dell'attore
Christian Bale che, in barba a tutti i trucchi ed effetti
speciali, ha accettato di dimagrire davvero una trentina di
chili per interpretare la parte (e la presenza di alcuni
flashback permette di confrontarne il fisico in condizioni
normali; come lo vedremo prossimamente in "Batman Begins").
Sapiente, la regia di Anderson fa crescere verticalmente la
suspense; mescola le carte tra realtà e allucinazione senza
perdere il filo; semina indizi intelligenti (un bivio del
padiglione al lunapark, che ritorna sull'autostrada; la
premonizione di un incidente...). Piccola produzione apolide
di una "casa" spagnola specializzata in horror, il suo è il
genere di film destinato (lo si dice fin troppo spesso, ma
questa volta ce ne sono i motivi) a diventare un cult.
Roberto Nepoti - La Repubblica 19/11/2004
|
|
|
|
|
|
|