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     CAST


Javier Bardem, Belén Rueda, Celso Bugallo, Joan Dalmau, Lola Dueñas, Francesc Garrido


     PREMI

Leone d'argento-Gran premio della giuria e Coppa Volpi Miglior Attore a Javier Bardem
61ª Mostra Internazionale Cinematografica di Venezia

     RECENSIONI


Assieme alle "Chiavi di casa" di Gianni Amelio, un altro dei film in concorso a Venezia si piega con pudore e dignità su argomenti delicati come l'handicap e la morte. Mare dentro è la storia degli ultimi giorni di Ramon Sampedro, uomo innamorato del mare, distrutto dal mare e costretto, da trent'anni, a guardare il mare dalla finestra della stanza in cui, tetraplegico, giace inchiodato a un letto.

Da quando un tuffo incauto lo ha ridotto in quello stato, Ramon desidera soltanto mettere fine al proprio soggiorno nel mondo: con un'uscita in piena dignità, che ritiene un proprio diritto. La causa di libertà dell'uomo è sposata dall'avvocato Julia, la quale la sostiene per vie legali. Un'altra presenza femminile entra, un giorno, nella stanza di Ramon: è Rosa, semplice paesana affascinata dalla sua personalità e che vorrebbe persuaderlo ad accettare, comunque, la vita. Tra le due donne, coinvolte in un'esperienza che mette in crisi le rispettive certezze, s'instaura una sorta d'inconfessata rivalità.

Rinunciando a "Satana", ovvero alle atmosfere gotico-oniriche di "Apri gli occhi" e "The Others", il cileno Alejandro Amenabar si avventura in un terreno molto più serio, quindi più pericoloso: l'equiparazione tra diritto alla vita e diritto alla morte, l'eutanasia. Il suo non è un film "per dibattiti"; e tuttavia, in certi momenti, ha la forza della perorazione. Che non ricorre mai al patetico, né attacca le ghiandole lacrimarie dello spettatore.

Sarà perciò che Mare dentro non emoziona quanto ci si aspetterebbe; eppure, senza paradosso, qui sta anche la sua virtù. Tutta la prima parte è un "documentario" sul viso di Javier Bardem - Coppa Volpi per il miglior attore - che, a prezzo di un trucco quotidiano di cinque ore, avvilisce la propria prestanza latina a favore del personaggio (compare "al naturale" solo in rari flashback).

Osservando alla lettera una frase che la sceneggiatura mette in bocca a Sampedro ("quando non c'è via di scampo, s'impara a piangere col sorriso sul volto"), il bravo attore assume un'espressione di malinconica dolcezza, un po' fissa ma sostanzialmente azzeccata. Anche il regista si attiene alla drammaticità intrinseca del soggetto, rinunciando a esibizioni tecniche che compensino la claustrofobia dell'ambiente unico. Malgrado ciò, riesce a piazzare qualche esempio di (misurato) virtuosismo: la sequenza, in particolare, del sogno in cui Ramon prende il volo dalla finestra. Il Leone d'argento-Gran premio della giuria che ha vinto alla Mostra può non trovare tutti concordi (c'erano altri bei film in concorso), ma non è un trofeo immeritato.
Roberto Nepoti - La Repubblica


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