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Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Ruggero Raimondi, David Cangelosi


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Tosca è probabilmente l'opera lirica più spesso portata sullo schermo, forse per quelle sue pagine che toccano, oltre ai classici temi del melodramma, i motivi del divismo, dell'arte e della rappresentazione e infine della finzione nella sua declinazione più tragica, quella che gioca tra vita e morte. O forse perché Puccini è già un contemporaneo del cinema e la sua scrittura scenico-musicale ha qualcosa della spudoratezza emotiva della nuova arte del Novecento. Già nei primi del secolo, quando il cinema non cantava, furono realizzate varie versioni dell'opera, magari più direttamente ispirate all'originario dramma di Sardou, ma naturalmente è con la grande stagione del film-opera del dopoguerra che la tragica storia della cantante Floria Tosca e del pittore Mario Cavaradossi riceve le massime attenzioni. Gran maestro del cinema pucciniano fu soprattutto Carmine Gallone, che nel 1956 mise in scena un'ottima Tosca in colore e cinemascope girata nei luoghi reali della vicenda, la chiesa di Sant'Andrea della Valle, il palazzo Farnese e gli spalti di Castel S. Angelo. Ma anche nel biografico Puccini l'opera aveva ovviamente un posto rilevante e non bisogna dimenticare la sua originale reinterpretazione resistenziale e neorealista intitolata Avanti a lui tremava tutta Roma in cui Scarpia era il comandante nazista di Roma occupata mentre Cavaradossi e Angelotti erano due bravi partigiani. Una celebre Tosca è anche quella che doveva girare a Roma nel 1940 Jean Renoir con Marcel Simon (e Luchino Visconti come assistente alla regia) e che fu poi realizzata, per il sopraggiungere della guerra, dal tedesco Carl Koch, mentre nel 1973 Luigi Magni ha ripreso il soggetto facendone un vivace musical romanesco. Invece in Il bacio di Tosca di Daniel Schmid (1984) vi è solo la scena dell'uccisione di Scarpia buffamente interpretata da due vecchi cantanti lirici in un corridoio della casa di riposo "Giuseppe Verdi" di Milano, alla quale il documentario è dedicato.
In tutte queste (e ce ne sono ancora altre) versioni si possono vedere "all'opera" tutti i sottogeneri del film operistico, dalla pura e semplice trasposizione di una messa in scena teatrale alla riduzione in prosa, dall'"opera parallela" che riprende il soggetto e i personaggi del testo originale mutandone però i tempi e le ambientazioni al film biografico che rievoca la nascita, la prima rappresentazione e il successo di una certa opera nel quadro della vita di un musicista. La Tosca che ora ha realizzato il francese Benoit Jacquot per un cartello di televisioni europee, fra cui Arte e Telepiù, riesce a inventare una formula ancora inedita. E' girata in studio, con luci e sfondi bui molto teatrali, ma in sceneografie che riproducono alla perfezione, fino a far dubitare della loro artificialità, i tre luoghi topici della vicenda. Ricorre al playback, anche se gli attori, spinti ad una recitazione molto dinamica, sono gli stessi cantanti (Angela Gheorghiu, Roberto Alagna e Ruggero Raimondi) ma approfitta della registrazione in sala per mostrare di tanto in tanto, in bianco e nero, l'orchestra della Royal Opera House di Londra e il direttore Antonio Pappano, in disinvolta t-shirt, mentre stanno lavorando. E inserisce inoltre brevi riprese dal vero, virate e trattate elettronicamente, che rappresentano momenti mentali o visionari d'accompagnamento alle pagine di pura musica. Ma all'ouverture del terzo atto vi è un'altra curiosa soluzione di regia: mentre la musica anticipa l'aria forse più celebre, "Lucean le stelle", una sorta di flashback riassume alcuni degli episodi precedenti ed è un flashback letterale perché le immagini scorrono addirittura all'incontrario. La varietà delle soluzioni registiche, stranianti o visionarie, non trasforma fondamentalmente, tuttavia, né l'impianto drammatico dell'opera né la sua carica trascinante e romantica. La Tosca di Benoît Jacquot è sempre, e per fortuna, la Tosca di Giacomo Puccini.

di Alberto Farassino - Kwcinema


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