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CAST
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Michel Joelsas, Germano Haiut, Paulo Autran, Daniela
Piepszyk, Simone Spoladore, Caio Blat, Liliana Castro
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PREMI
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RECENSIONI
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Il 1970 tra le altre cose è
stato l'anno dei mondiali di calcio in Messico e della ormai
mitica finale in cui l'Italia dovette rinunciare alla coppa
del mondo in favore del Brasile. Anche per il piccolo Mauro
in quell'anno i mondiali di calcio erano la cosa più
importante sulla faccia della terra, ma la routine dei suoi
pacifici interessi viene sconquassata quando i genitori
decidono di lasciare il figlio dal nonno per andare "in
vacanza". La natura sospetta di questa partenza "politica" è
sicuramente legata alla dittatura militare vigente in
Brasile fino agli anni '80, e anche se non viene detto
esplicitamente con ogni probabilità il padre e la madre di
Mauro sono ricercati per il loro attivismo politico. Così il
bambino viene lasciato in fretta e furia di fronte casa del
nonno, senza sapere che questi è morto poco tempo prima.
"L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza" non è il
classico film di formazione in cui viene mostrato il
passaggio del protagonista dall'infanzia all'età adulta, e
non è nemmeno un film particolarmente drammatico nonostante
le premesse senz'altro poco incoraggianti. Si tratta,
sorprendentemente, di una commedia girata dal punto di vista
del piccolo protagonista. Assistiamo così al racconto di
parte di un estate del piccolo Mauro, e ci sorprendiamo e
commoviamo di fronte alla sua capacità di adattamento ad un
mondo per lui ignoto e alle insolite circostanze che gli si
parano innanzi.
Durante il suo soggiorno nella casa del nonno, ormai vuota,
Mauro conosce meglio il suo parente di religione ebraica, di
cui conosce l'ambiente dell'emigrazione (per essere meglio
accettato il suo nome viene però cambiato in Moishele) ed il
variopinto quartiere in cui si trova e che rappresenta un
vero e proprio universo in scala ridotta. Viene proposta
quindi un'autentica babele in cui si parla portoghese,
yiddish, tedesco e italiano (e possiamo anche assistere a
una curiosa partita di calcio di quartiere "ebrei contro
italiani"). L'umorismo garbato ed ingenuo è affidato
all'innocenza dei piccoli protagonisti e alle loro deliziose
espressioni di stupore di fronte ad una realtà che credono
di dominare ma non comprendono appieno. Si ride quindi, e
molto, ma con occhio sempre attento alla realtà brasiliana
di quegli anni, ai fermenti studenteschi e alle violente
repressioni della polizia. Il finale non lascia del resto
dubbi rispetto alla natura tragica anni di piombo in
Brasile.
Mauro Corso
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