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CAST
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Laura Chiatti, Iain Glen, Claudio Santamaria, Kierston
Wareing, Anna Geislerová, Paulina Bakarova, Daniela
Merlo, Dinah Geiger
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PREMI
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RECENSIONI
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Luca (Claudio Santamaria) è un
musicista italiano che vive a Praga e che, follemente geloso
nei confronti della fidanzata Klara (Laura Chiatti),
studentessa di storia dell’arte in procinto di laurearsi,
incarica di controllarla il detective Denis (Iain Glen), il
quale, innamorato dell’assistente Nina (Kierston Wareing),
vive con la moglie Ruth (Paulina Nemcova) un rapporto di
coppia estremamente "aperto".
Tratto da un romanzo del cèko Michal Viewegh, su questi
cinque personaggi si basa il lungometraggio con cui Roberto
Faenza, a due anni da "I vicerè" (2007), torna dietro la
macchina da presa per affrontare il tema della gelosia
divorante, già presente in suoi precedenti lavori come
"Prendimi l’anima" (2002) e "I giorni dell’abbandono"
(2005).
Un prodotto tutt’altro che disprezzabile dal punto di vista
tecnico, tanto da presentare un taglio generale decisamente
internazionale, mentre, al fine di lanciare uno sguardo
sulla situazione del rapporto uomo-donna nella società del
terzo millennio, tira in ballo vecchi detti ("Tutti
indossano scarpe e tutti mentono in amore") e tende ad
evidenziare in che modo la vanità del maschio lo porti a
preferire di non sapere nulla del tradimento da parte della
femmina, piuttosto che rimanerne accecato.
Una società al cui interno le vittime, anziché i traditi
potrebbero essere i traditori, costretti a farlo per
comprarsi un attimo di felicità in un triste mondo
tempestato di giovani donne che si accoppiano con uomini
molto più vecchi di loro solo per interesse economico, di
ragazzi che si concedono sessualmente a gay (o semplicemente
depravati?) maturi in cambio di soldi e di coppie che si
definiscono flessibili, ma che sono probabilmente quelle in
cui nessuna delle due parti trova il coraggio di riconoscere
un matrimonio ormai finito.
Purtroppo, però, a partire da un doppiaggio decisamente
pessimo, quello che poteva risultare un guardabile mix di
commedia e thriller spruzzato d’erotismo (chiacchieratissimo,
del resto, il nudo integrale della Chiatti) non esiti a
trasformarsi spesso e volentieri in un festival della risata
involontaria, tra dialoghi ridicoli ("Si fanno più
tradimenti a Venezia che in qualsiasi altro posto") e
risvolti grotteschi (il protagonista ingessato alla Fantozzi
dopo un incidente), senza dimenticare momenti degni di una
soap opera.
E perfino il solitamente lodevole Santamaria non convince
più di tanto, immerso in una sceneggiatura che sembra
preparata appositamente per generare una rilettura hard,
mentre qualcosa ci dice che la pellicola non faticherà a
rientrare tra i titoli di punta della categoria che gli
americani definiscono "So bad it’s good", costituita dai
film talmente brutti da apparire divertenti.
Francesco Lomuscio
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