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CAST
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Jérémie Renier, Arta Dobroshi, Fabrizio Rongione, Alban
Ukaj, Morgan Marinne, Olivier Gourmet, Anton Yakovlev,
Grigori Manoukov, Mireille Bailly
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PREMI
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RECENSIONI
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Lorna è una giovane albanese
che, per ottenere la cittadinanza belga, accetta il piano di
Fabio, un malavitoso, che la fa sposare ad un tossico,
Claudy. Lo scopo dell’uomo è quello di far ottenere in
fretta il divorzio alla donna e di farla sposare ad un
mafioso russo, che pagherebbe moltissimo pur di ottenere a
sua volta la cittadinanza. Il sogno della ragazza pare
essere quello di aprire uno snack bar con il fidanzato,
Sokol, e il miraggio dei soldi che Fabio le ha promesso è
irresistibile. Solo che le cose non vanno proprio per il
verso prestabilito e tutto si rallenta. Fabio decide allora
di accelerare i tempi, uccidendo Claudy con un’overdose.
Lorna tace, ma qualcosa in lei è differente da prima...
Jean-Pierre e Luc Dardenne, i fratelli belgi vincitori di
due Palme d’Oro per Rosetta (1999) e L’Enfant (2005), si
presentano da habitué a Cannes, sorprendendo tutti e facendo
storcere il naso a molti, con la cifra stilistica differente
e la svolta rappresentata da Le Silence de Lorna.
I Dardenne, noti per l’asciuttezza e il rigore delle scene,
per le inquadrature essenziali, fedeli al motto "non una di
troppo", si concedono stavolta un viaggio più sentimentale,
fino al limite del pietismo, e quindi meno oggettivato, più
"paesaggistico", che non pare appartenere alle loro corde,
nei dubbi e nei cambiamenti coscienziali della loro
protagonista (la bravissima kosovara Arta Dobroshi, scelta
tra centinaia di aspiranti al ruolo). Cambia anche il modo
di filmare, non più in super 16 mm ma in 35 mm, con un uso
decisamente minore della camera a mano e con inquadrature
più larghe che, oltre ai protagonisti, inquadrano il
paesaggio circostante. E, se prima era la cittadina
industriale di Seraing, ora è Liegi: a voler significare le
speranze di Lorna, riposte, da immigrata, in una grande
città e anche, secondo le parole dei Dardenne, perché
"volevamo vedere Lorna in mezzo alla folla, con la gente
fisicamente vicina, che è ignara dei suoi segreti".
Una svolta quindi che, al di là dall’essere solo esteriore,
è simbolica. Le tematiche sono le stesse di sempre: le
scelte obbligate dei diseredati, in questo caso dei "sans
papier", già trattati in "La promesse" (1997), l’analisi
dolorosa di esistenze disperate, che paiono non avere
scelta, lo spiraglio di speranza finale, che squarcia forse
il pessimismo cupo dei Dardenne, con una scivolata nel
sentimentale che sorprende chi conosce i due registi
sceneggiatori, che ci tengono a precisare che questa è, in
fin dei conti, una storia d’amore.
Un film non del tutto equilibrato, come se i due registi
dovessero ancora rodare la loro nuova strada.
Giulia Baldacci
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