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Kad Merad, Dany Boon, Michel Galabru, Line Renaud, Zoé Félix, Philippe Duquesne, Lorenzo Ausilia-Foret, Anne Marivin, Guy Lecluyse


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Un record nazionale di tutti i tempi: circa 21 milioni, in Francia, gli spettatori di "Giù al Nord", e a sorprendere è il fatto che abbia un cast senza stelle. L’autore e co-protagonista Dany Boon (pseudonimo di Daniel Hamidou), infatti, ha una carriera di comico che al cinema si è tradotta in alcune interpretazioni per pellicole commerciali conosciute anche in Italia, ma mai da mattatore.
Evidentemente le ragioni del successo stanno nell’aver affrontato con toni da commedia i diffusi pregiudizi negativi del resto del paese verso le terre del Nord-Pas-de-Calais (siamo a Bergues), viste come zona fredda e di miniere, abitata dai "Ch’tis", persone rozze e burbere che parlano il quasi incomprensibile piccardo. Boon l’idea di girare un lavoro sulla sua regione d’origine e sulla sua gente l’aveva in testa ancor prima di dirigere il film precedente, quello d’esordio, e si è dedicato al testo da solo per un anno, provando ad un certo punto il desiderio di condividere l’impegno con altri.
Talmente legato al progetto, quindi, da esserne sceneggiatore, regista e attore.
Considerata l’attenuante di un doppiaggio infelice – ancorché complicato - che ricorre ad un idioma di fantasia, ridicolizzato, il momento più divertente è nella messinscena degli abitanti impegnati a mostrare un sobborgo povero e sudicio, con anziane scontrose, ragazzini che tirano sassi agli sconosciuti, omoni che sparano col fucile ai gatti per farli alla brace, vicini di casa che litigano con urla, barbecue dove si mangia con le mani, a bocca aperta e ruttando.
Però, seppure nelle intenzioni sia un’opera "popolare d’autore" (solo il primo termine è ineccepibile), e nonostante l’edificante lezione sulla reciproca conoscenza quale migliore antidoto all’ignoranza intollerante (il senso è tutto compreso in un proverbio: "uno straniero che va nella regione degli Ch’tis piange due volte: quando arriva e quando riparte") e sulle menzogne perdenti nei rapporti sentimentali, la comicità - sostenuta da idee stiracchiate - è canonica e modesta, con mimiche facciali e personaggi caricaturali.

Federico Raponi

 


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