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CAST
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Jack Black, Danny Glover, Mos Def, Melonie Diaz, Mia
Farrow, Chandler Parker, Arjay Smith, Quinton Aaron, Irv
Gooch, Sigourney Weaver
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PREMI
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RECENSIONI
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L’amore verso gli effetti
speciali realizzati in maniera artigianale e che quindi
tanto speciali non sono, l’idea che i sentimenti, le
visioni, i sogni, le illusioni e le idee, si possano
rappresentare non con la tecnologia più evoluta, ma con
pochi elementi ben combinati, è da sempre alla base del
genio di Michel Gondry. Se in "L’arte del sogno" questa sua
passione e visionarietà non posava su una base, la
sceneggiatura, così solida (come invece era stato
precedentemente per lo straordinario "Se mi lasci ti
cancello" sceneggiato da Charlie Kaufman) da andare oltre
dalle comunque molto suggestive atmosfere ed evocazioni, "Be
kind rewind" è prima di tutto un film ben scritto.
Ci sono due modi per vedere questa pellicola: il primo è
godersela come una ben congegniata commedia dai molti sketch
comici e ritmo sostenuto, un film di puro intrattenimento
che scorre veloce come il divertimento, ma che poco dopo
rischia la dimenticanza. La seconda modalità di visione
richiede invece un pò più di attenzione e analisi.
Dietro l’idea della smagnetizzazione di tutti i nastri di
una vecchia videoteca, e della realizzazione "amatoriale"
dei remakes dei film perduti fatta dal commesso del locale
Mos Def e dal suo pazzo amico Jack Black, c’è infatti la
volontà di mostrare la magia del cinema: non solo opera
d’arte, ma anche motivo di aggregazione sociale e
ricreazione di un mondo che, anche se esiste solo sul grande
schermo, si è pronti a crederci e a farlo proprio.
Quando a metà film tutto il quartiere si riunisce per
scrivere la sceneggiatura del film che potrebbe salvare la
videoteca, si decide di cominciare il tutto dalla morte del
personaggio principale. Sarà allora impossibile non pensare
che proprio così era iniziato il "Be kind rewind" vero e
proprio. Questa è solo una delle chiavi lanciate allo
spettatore perché comprenda come Gondry stia in realtà
realizzando un film nel film. Il cinema è finzione, esiste
solo se ci si vuol credere. E così lui fin dall’inizio ci fa
capire che anche i personaggi capitanati da Jack Black sono
il remake amatoriale di un’ altra pellicola o della realtà
stessa. Lo dice uno dei trailer del film (che trovate su
YouTube) in cui Gondry stesso parodizza la sua opera, lo
dice Jack Black quando nella videoteca rifà la stessa scena
che fece nel negozio di dischi di "Alta fedeltà" otto anni
prima, lo dimostra Sigourney Weaver che quando entra in
scena non è l’offesa protagonista dei Ghsotbusters, ma
un’improbabile avvocato degli Studios, lo capiamo ancor più
quando il "radioattivo" Jack Black disturba non solo la
televisione, ma anche la nostra immagine sullo schermo
quando passa davanti ad una macchina da presa che a quel
punto diventa oggetto materiale del film e non occhio
esterno.
Il cinema sta cambiando, il dvd con i suoi extra sempre più
ampi e tesi a svelare i trucchi e le tecnologie dietro ad
un’immagine fantastica e gli effetti speciali sempre più
elaborati per dare la maggior verosimiglianza possibile a
storie ogni giorno più fantastiche, stanno forse facendo
perdere di vista che quello che fa di una persona uno
spettatore appassionato, un amante del cinema, delle storie
e delle immagini. E’ la sua voglia di crederci, il suo
riporre fiducia, occhi e cuore ad autori che cercheranno di
emozionarli che fa vivere una pellicola. Lo spettatore è
attivo (e qui questo concetto è espresso simbolicamente dal
fatto che, nel finale, gli spettatori sono anche i
realizzatori del film), e non semplice pedina, oggetto di
studi di mercato, elemento passivo nella composizione e
apprezzamento di una pellicola. Tanti e altri sono i
riferimenti a questo e ad altri concetti, lo spazio di una
recensione non li contiene tutti, preme sottolineare però
come la regia di Gondry tenga benissimo in mano tutto il
materiale, ben combinando belle sequenze (come il divertente
piano-sequenza delle parodie), a sostenuti dialoghi e
azzeccate direzioni degli attori.
Gondry fa tutto questo divertendo, scherzando con e sul
cinema, strizzando l’occhio al cinefilo e allo spettatore
meno smaliziato. Non stringerà lo stomaco come in "Se mi
lasci ti cancello", ma sorriderà al cuore di molti.
Andrea D’Addio
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