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OMBRE ROSSE - NIRVANA
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Jack Nicholson, Morgan Freeman, Sean Hayes, Beverly Todd, Rob Morrow, Alfonso Freeman, Serena Reeder, Ian Anthony Dale, Christopher Stapleton
 


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Quante volte chiacchierando di un qualche attore è successo che qualcuno, magari voi, lo abbia apostrofato come di uno che fa sempre lo stesso ruolo? Capita, ci sono attori che una volta trovato un certo feeling con il pubblico con un personaggio dal carattere particolare poi lo ripropongano in diversi contesti e magari con altri nomi, ma sempre cercando di andare incontro a quello che il pubblico si aspetta da lui per garantirsene il successo. In teoria non c’è nulla di male, l’importante è che queste interpretazioni siano riuscite, ma il “fa sempre lo stesso ruolo” suona sempre e comunque un pò dispregiativo, come di uno che non ha le capacità di fare altro. Mai quindi avremmo pensato di accostare “quella” frase a Jack Nicholson, ma da quando ha vinto l’Oscar con “Qualcosa è cambiato” nella parte del ricco scorbutico e bisbetico che ha bisogno di qualcuno di buono e comprensivo accanto per capire le vere priorità della vita, le commedie a cui prende parte potrebbero essere una il sequel dell’altra. Certo non possiamo dire che Nicholson non abbia le capacità di fare altro, in mezzo ci sono anche altri film come “The departed” (dove comunque riprende il diavolo di “Le streghe di Eastwick”), ma dal succitato film con Helen Hunt a questo “Non è mai troppo tardi” passando per l’amore di terza età di “Tutto può succedere” poco è cambiato per i suoi personaggi, giusto il contesto.
Questo con Morgan Freeman è il capitolo sulla morte. Un film che inizia più cupo che mai, con l’annuncio fuori campo che uno dei due protagonisti è morto e che quello che seguirà sarà la storia dei suoi ultimi, felici, mesi di vita. Un’anticipazione che racchiude tutto il film facendo del restante una perfetta trappola per facili lacrime.
Impossibile infatti non affezionarsi ai due vecchietti col fiato del cancro sul collo che vogliono realizzare i propri ultimi desideri con una vitalità che un ventenne si sogna. Di loro viene fatto vedere solo il meglio, la gioia e la capacità di godere dei piaceri e dei luoghi della Terra. Viaggi, corse in auto, paracadutismo: il giro del mondo in 30 giorni per recuperare quanto non è stato fatto nei precedenti sessanta anni. Logico che ci debba essere anche un pò di profondità e così ecco anche una figlia non sentita da anni, ma che sarebbe il caso di riconciliare prima del tragico evento e un matrimonio che sembrava aver spento la candela dell’amore, ma che in realtà l’aveva solo nascosta, tutto mischiato ad un pò di facile poesia legata alle suggestione che un posto come l’Himalaya può evocare.
Nicholson e Freeman gigioneggiano a più non posso su una sceneggiatura a cui manca quello spessore che normalmente i film sulle morti annunciate riescono a trasmettere. Non c’è reale introspezione in loro oltre ai minuti finali, molta della pellicola viene utilizzata per far vedere le cose più impossibili che si possono compiere quando non si ha più nulla da perdere senza arricchire lo spettatore di alcuna riflessione. Anzi, provocatoriamente si potrebbe dire che è importante arrivare alla fine della propria esistenza avendo accumulato un bel mucchio di soldi visto che è solo così che si potrebbero spuntare parecchie caselle di un’ipotetica lista delle cose da fare prima di essere morto. La famiglia, l’amore, la solitudine...sì, sono importanti, ma solo quando si ha finito di divertirsi con gli amici. A molti il film piacerà, la commozione fa sempre sentire lo spettatore in dovere di apprezzare chi in qualche modo lo ha toccato, ma sia chiaro che ci sono tanti espedienti da manuale per arrivare ad emozionare in questo modo e il semplice riproporli non è una nota di merito se dietro non c’è sincerità, ma solo la voglia di far vedere quanto un mix di lacrime e sorrisi ben confezionato faccia bene al botteghino.

Andrea D’Addio


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